Il 30 maggio 2018 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il nuovo regolamento sull’agricoltura biologica che entrerà in vigore nel 2021.

Il nuovo Regolamento, che mira a garantire l’alta qualità del prodotto biologico e all’aumento della produzione, è stato accolto con giudizi non propriamente positivi dagli agricoltori italiani e dalle associazioni di categoria. Le critiche mosse alle nuove regole europee riguardano principalmente la questione delle soglie per i residui di fitofarmaci e la possibilità di produrre biologico senza utilizzare il suolo, temi che contrastano con gli standard italiani e che penalizzerebbero il nostro Paese a livello di metodo di produzione e di controlli.

L’Italia è prima in Europa per la produzione con il metodo biologico. Secondo quanto riportato da Coldiretti, i consumi sono aumentati del 21% e sembra che il Bel Paese abbia compreso quanto sia importante l’alimentazione e la necessità di acquistare un prodotto coltivato senza l’uso di pesticidi, fertilizzanti e altre sostanze di sintesi, magari a Km Zero per rispettare l’ambiente.
“L’Italia – ha dichiarato il ministro Gian Marco Centinaio – si conferma leader europeo per l’agricoltura biologica, sia in termini di mercato sia in termini di superfici. Abbiamo tre anni per lavorare alle modifiche necessarie a rendere, ad esempio, ancora più stringenti le regole sulla qualità oppure per lavorare e correggere il tiro su temi come le deroghe o la conversione”.

“Vi sono – prosegue il ministro – anche degli aspetti fortemente innovativi. È stato, ad esempio, modificato il regime di importazione da Paesi terzi, rendendo più trasparente il sistema di importazione del biologico extra-Ue; è stata introdotta la certificazione di gruppo che favorisce le piccole aziende e per la prima volta è stato affrontato il tema della soglia dei residui nei prodotti biologici”. (Disposizioni per l’attuazione del regolamento CE 1235/2008, recante modalità di applicazione del regolamento CE 834/2007 del Consiglio, per quanto riguarda il regime di importazione di prodotti biologici dai Paesi terzi. Gazzetta ufficiale n. 40 del 17 febbraio 2018).

Riconoscere un prodotto biologico non è difficile. Il primo impatto è legato al prezzo; un prodotto biologico ha un prezzo superiore rispetto ai prodotti convenzionali. Il certificato è il simbolo di riconoscimento che accompagna la confezione, con il marchio europeo e quello dell’ente che si è prodigato per controllare e certificare che quel prodotto sia bio. Ce ne sono 19 in Italia (di cui 3 autorizzati nella sola provincia di Bolzano), autorizzati e vigilati dal Dipartimento dell’ICQRF del Ministero delle politiche alimentari e forestali. E’ certificata tutta la fase della produzione, della lavorazione e della distribuzione, attraverso i suddetti Organismi di Controllo, soggetti giuridici privati che agiscono nel rispetto del principio di imparzialità.

Secondo il Decreto Legislativo del 23 febbraio 2018 n. 20 riguardante le disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola ed agroalimentare con il metodo biologico, all’art. 3 comma 6, “la vigilanza sugli organismi di controllo è esercitata secondo le modalità previste del regolamenti CE n. 889 del 2008 ed è volta alla verifica del mantenimento dei requisiti degli OdC, dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure di controllo”.

Ma è davvero tutto oro quello che luccica?

Le indagini, avviate all’inizio del 2017, hanno permesso di scoprire un articolato sistema di frode finalizzato alla commercializzazione, sia in Italia che verso i principali Paesi europei, di prodotti ortofrutticoli che venivano falsamente etichettati come provenienti da agricoltura “Biologica e Biodinamica”. In molti casi, per soddisfare la crescente domanda dei mercati esteri, in eccesso rispetto alle disponibilità di raccolto, venivano incamerati nei magazzini aziendali anche partite di prodotti provenienti direttamente da terreni, non certificati “bio”, di ignari produttori agricoli della zona. Il sistema di frode, poi, si completava attraverso l’alterazione dei risultati delle analisi chimiche eseguite su campioni di prodotti confezionati ed etichettati per essere destinati alla grande distribuzione ad un prezzo notevolmente superiore, oppure venduti come materia prima “Biologica” all’industria locale.

 

Eugenio Selmi, LL.M. in Food Law

Dott.ssa Ilaria Pelliccioni