Origine e significato della parola Metaverso

Qualcuno pensa che il Metaverso sia nato nel 2021, ma in realtà la parola Metaverso è stata coniata nel 1992 da Neal Stephenson in un romanzo di fantascienza che s’intitola «Snow Crash», ambientato in America alla fine del ventesimo secolo nel quale lo scrittore racconta di due realtà che si intrecciano:

  • quella che potremmo definire la vita terrena nel quale lo scrittore descrive un mondo ipertecnologico dove i fattorini (tra cui il protagonista del libro) sfrecciano nel traffico sfruttando la velocità delle auto a cui si arpionano con elettromagneti, volano sull’asfalto sconnesso sopra i loro skateboard ipertecnologici con ruote intelligenti, e i poliziotti hanno armi futuristiche e unità cyborg per mantenere la sicurezza,
  • accanto a tutto questo vi è poi un mondo parallelo che lui chiama Metaverso: una realtà virtuale 3D condivisa su una rete mondiale a fibre ottiche, alla quale è possibile accedere anche da terminali pubblici, le persone sono rappresentate da avatar tridimensionali che camminano liberamente tra bar, negozi e posti alla moda.

Queste due realtà parallele si intrecciano e si mescolano nella narrazione di Stephenson, sino ad arrivare alla soluzione di una serie di misteri che rivelano pregi e difetti della vita virtuale.

Nella nostra realtà odierna, la parola “metaverso” viene ricondotta a uno spazio virtuale formato da piattaforme online, nelle quali l’utente, attraverso un proprio alter-ego virtuale, detto “avatar”, fa esperienze più o meno personalizzate, grazie all’uso della realtà virtuale o di una realtà aumentata.

Quanti tipi di Metaverso esistono?

Per entrare nel Metaverso al giorno d’oggi basta una connessione internet e un account su una delle piattaforme nate per la realtà decentrata. Le persone che entrano nel Metaverso possono interagire con altre persone, svolgere attività sociali, acquistare case e terreni, vendere prodotti o anche costruire parchi avventura dove far pagare il biglietto agli altri utenti presenti del Metaverso.

Queste piattaforme possono essere di due tipi:

  • metaversi non basati su blockchain: consistono in videogiochi, dove gli utenti utilizzano i propri avatar per giocare. In tali contesti non esistono oggetti virtuali unici ed univoci acquistabili con NFT. Una delle piattaforme del Metaverso più note in questo contesto è sicuramente Roblox, dedicata ai videogiochi, nella quale sono approdate i famosi marchi come Nike e Gucci, che hanno inaugurato i propri spazi virtuali denominati Nikeland e Gucci Garden.
  • metaversi basati su blockchain, ossia decentralizzati, dove i creatori di oggetti virtuali possono mettere a disposizione degli utenti le loro opere e ricevere un compenso in seguito alla vendita (e rivendita) di tali opere nel Metaverso. Questo tipo di Metaverso è orientato alla remunerazione degli artisti/creatori/sviluppatori ed è presente in piattaforme come, ad esempio Decentraland o The Sandbox.

Su queste piattaforme il Metaverso offre al consumatore esperienze virtuali tanto in ambito marketing, quanto nell’acquisto e nella vendita, che si può verificare sia nel mondo virtuale che in quello reale.

La violazione della proprietà intellettuale nel Metaverso

Il Metaverso è considerato quindi un’interessante prospettiva di sviluppo per tantissimi settori, partendo dal mondo del fashion, a quello del gaming e dello sport, oltre che del mondo dell’arte e dello spettacolo.

Proprio in questi giorni è stato pubblicizzato il fatto che l’arco della pace di Milano è stato il primo monumento al mondo ad entrare nel Metaverso grazie ad un progetto condotto da Reasoned Art in partnership tecnologica con Knobs.

Sembra tutto bellissimo e affascinante, ma essendo il Metaverso uno spazio ancora non molto conosciuto, si possono costruire spazi commerciali fasulli ed utilizzare la reputazione di brand famosi dando ad intendere che gli stessi brand vendano i loro prodotti nel Metaverso, quando ciò non rispecchia la realtà dei fatti.

 

Infatti, sono già sorte le prime controversie legali nel regno virtuale per concorrenza sleale e violazione di diritti di marchio. Ecco due esempi.

Il caso Nike StockX LLC.

II marchio Nike ha creato nel Metaverso la città di Nikeland: una città virtuale dove testare nuovi prodotti. L’obiettivo che l’azienda si è proposta di perseguire era lanciare prototipi di scarpe e farle provare agli utenti nel mondo virtuale, prima di avviare una produzione di massa in quello reale.

A febbraio 2022 la Nike ha però dovuto promuovere una causa contro la piattaforma StockX LLC negli Stati Uniti, perché questa società, senza autorizzazione, vendeva tramite NFT delle scarpe che nel loro aspetto estetico riportavano il marchio Nike. Il noto brand ha quindi accusato la piattaforma di sfruttare illecitamente la notorietà della Nike, con la precisa volontà di generare confusione nei consumatori circa la provenienza dei prodotti. Il caso è ancora pendente e il dibattito intorno alla questione è piuttosto acceso.

Il caso MetaBirkins

Altro caso che ha avuto parecchia risonanza è il caso MetaBirkins, nel quale l’azienda francese Hermès ha inviato una lettera di diffida all’artista Mason Rothschild, che aveva messo all’asta in un marketplace di NFT, opere virtuali che raffiguravano la versione meta-verso della famosa borsa Birkin di Hermès. L’artista aveva aggiunto la parola “meta” al marchio, pensando che bastasse a differenziarlo, ed ha posto in vendita l’articolo nel Metaverso ad un prezzo di circa 42 mila euro. Hermès ha accusato l’artista di essere uno speculatore digitale, che tenta di arricchirsi appropriandosi (illegittimamente) del marchio MetaBirkins. Rothschild si è difeso affermando che non sta vendendo borse, ma arte. Il rischio che lamenta Hermès è quello di una potenziale confusione consistente nel fatto che gli utenti possano associare tali NFTs a Hermès o a una collaborazione ufficiale tra l’azienda di moda e l’artista.

 

Metaverso e tutela legale: ecco come difendere la proprietà intellettuale

Ecco quindi che, come nel mondo reale, anche nel Metaverso le imprese, indipendentemente dalla decisione di intraprendere attività commerciali tramite la produzione di NFT o l’utilizzo di spazi nelle piattaforme del Metaverso o meno, hanno l’esigenza di tutelarsi contro eventuali contraffazioni o plagi, adottando strumenti di tutela dei propri asset di proprietà intellettuale, anche per evitare il rischio di registrazioni fraudolente da parte di terzi.

L’attuale normativa sulla protezione dei marchi (ancora) non concede una equiparazione tra “beni terreni” (come, ad esempio, i capi di abbigliamento in classe 25) e i “beni virtuali”, venduti nel Metaverso.

La tutela legale del marchio

Come facciamo quindi a proteggere il marchio di un prodotto virtuale?

Per ovviare al vuoto legislativo di protezione, le imprese del mondo del fashion, che già operano nel Metaverso, hanno ad esempio iniziato a registrare i propri marchi anche nella classe 9 “prodotti virtuali”, e i relativi servizi di vendita e di intrattenimento, nelle classi 35 e 41.

Consigliamo alle imprese di adottate misure idonea a tutelare i propri prodotti, come ad esempio:

  • estendere la tutela dei propri marchi registrati per coprire prodotti e servizi virtuali / NFT
  • registrare nomi a dominio con estensioni connesse al Metaverso
  • monitorare l’uso dei propri marchi da parte di terzi (es. licenziatari) e la registrazione di nomi a dominio con estensioni connesse al Metaverso identici o simili al proprio marchio.

 

Se vuoi saperne di più su come tutelare i tuoi asset immateriali, se hai bisogno di una consulenza, i nostri esperi sono a tua disposizione.

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